Comunita terapeutiche
Scheda sulle Comunità Terapeutiche (CT)
Comunità Terapeutiche e Psicoterapeutiche
Che cos’è una comunità terapeutica:
(descrizione, storia, funzionamento, critiche, ambiente curante)
La comunità terapeutica consiste in un’insieme di persone che scelgono o vengono spinte a “scegliere” di vivere un periodo di vita, in genere varia dai due a cinque anni, in un ambiente formato da altre persone affette da disturbi, esperienze e motivazioni simili o compatibili. L’ambiente comunità e le relazioni dei membri sono confinate da regole più o meno rigide. L’esperienza comunitaria, di norma, è formata da una fase di pre-comunità, (valutazione accoglienza, inserimento) una di comunità, (terapeutica) ed un’altra da post-comunità (reinserimento sociale).
Esiste una certa differenza anche se poco nota, fra comunità terapeutica e comunità psicoterapeutica.
La comunità psicoterapeutica è organizzata, diretta e gestita privilegiando l’ambiente comunità; lavora sui fatti, i vissuti, le aspettative, le dinamiche, coscienti e incoscienti della comunità nel suo insieme compresi gli operatori. Il gruppo comunità fa capo a un conduttore con formazione ed esperienza psicoterapeutica e di gruppo. La comunità terapeutica, invece, premesso che i confini non sono netti tra un modello e l’altro, privilegia i compiti, le regole del vivere in comunità e l’eventuale ideologia culturale e/o religiosa che la sostiene. Le comunità psicoterapeutiche vengono utilizzate maggiormente per i pazienti con disturbi psichiatrici gravi, mentre le comunità terapeutiche sono impiegate spesso per i tossicodipendenti.
Come sono organizzate le comunità terapeutiche.
Le comunità terapeutiche sono costituite da gruppi di persone coinvolte in un ambiente teso a favorire la cooperazione nella vita quotidiana (chi pulisce, chi cucina, chi ha cura dei nuovi arrivati, chi degli incontri di gruppi,chi degli spazi individuali). Lo spirito di cooperazione, favorito e tutelato dai responsabili della comunità terapeutica (ct), si estende alla cura delle reazioni del singolo e del gruppo. La reazione e il comportamento dei membri della ct ,che vivono e interagiscono in essa e con essa, rappresenta l’oggetto su cui la comunità si prefigge di impiantare la nascita e lo sviluppo dello spirito di cooperazione, quello generante sentimenti di fiducia, senso di amicizia, appartenenza.
Nella fase iniziale, all’inizio dell’esperienza in ct le persone che vi partecipano tendono ad avere reazioni e comportamenti provocati da malesseri, torti subiti, rancore, contrasti e quindi regna l’incomprensione e la conflittualità con la vita di comunità, con la comunità, con gli operatori.
Nella fase conclusiva, alla fine del percorso terapeutico, il soggetto dispone di risorse che gli conferiscono maggiore competenze: “prendersi cura degli altri, capirli, aiutarli, essere utile”. Si troverà in compagnia di sentimenti e pensieri più propositivi, potrà meglio relazionarsi, capire e capirsi anche emotivamente ed affettivamente. La cura coincide con la crescita psicoaffettiva e con la disponibilità dell’uso del pensiero evoluto.
Il gruppo, come insieme di persone coinvolte in un compito comune, può essere un reparto ospedaliero composto da pazienti, medici, paramedici, impiegati … Se pensati capaci d’influenzarsi reciprocamente, possono influenzarsi anche positivamente. Se viene coltivata la positività, la crescita e l’evoluzione, se si crea un’atmosfera comunitaria, di reciproco aiuto, di cooperazione, se si sviluppa una organizzazione di comunità, con modalità di partecipazione, inclusione ed esclusione, ecco che il gruppo diventa Comunità Terapeutica, e l’istituzione Comunità Terapeutica a sua volta diventa “ambiente curante”.
Attività tipo in una comunità terapeutica
Le attività spesso obbligatorie, a cui i membri di una comunità devono attenersi sono quelle di partecipare a: psicoterapia individuale e di gruppo, laboratori ludico creativi, orto, artigianato, musica, pittura, cineforum, sport, studi, lezioni di arte e mestieri. Il regolamento, pur essendo molto diverso fra una comunità e l’altra, all’incirca verte su: pulizia personale e delle proprie cose, degli spazi in cui si vive, dell’assunzione di compiti e delle responsabilità individuali, rispetto delle regole della comunità (orari), etc.
Note critiche
Quando le oppressioni delle norme legislative, fiscali, burocratiche, politiche, pesano troppo sulla vita di una comunità terapeutica, queste diventano più un luogo di custodia che un luogo terapeutico. Si chiede Aldo Lombardo in un suo articolo apparso su psychomedia: “Quante di queste impropriamente dette comunità terapeutiche, specialmente se sorgono allo scopo di accogliere solo ex di Ospedali Psichiatrici, non sono in effetti che comunità alloggio con personale sanitario per svolgere assistenza, e giustificare così l’applicazione di una retta sanitaria più costosa!
Dare per scontato che un organico di 4 infermieri più 4 psicologi ed 1 psichiatra (magari non psicoterapeuta) siano sufficienti a “fare” comunità terapeutica è un grave errore.

Viene utilizzato il marchio “comunità terapeutica” quasi a sostituire il vecchio manicomio. In effetti le istituzioni sono vigili nel controllare gli aspetti formali: “i metri quadri, l’altezza dei gradini delle scale, le porte antipanico, il numero dei bagni e le rampe per gli handicappati fisici, ecc.), ma così latitanti nel controllare i criteri sostanziali , “terapeutici ”. La formazione e l’affiatamento del gruppo curante, “gli operatori”, la leadership e il carisma del direttore, il criterio, il procedimento, il sistema degli interventi e la cultura che si applicano nella struttura per il raggiungimento dei due obiettivi principali sopra indicati e la valutazione “non autovalutazione” degli obiettivi.
Talvolta il senso che le sorregge diventa addirittura soltanto l’opportunità di un lavoro per gli operatori. Insomma le conoscenze teoriche pratiche e scientifiche in materia sono molto, ma molto più avanti di quanto poi le istituzioni solitamente concretizzano nei servizi di (CT) .
Non tutto ciò che è gruppo o comunitario è necessariamente positivo.
Il gruppo può esercitare anche un’influenza negativa, può inibire il pensiero e inaridire l’affettività. Per esempio il gruppo “tipo banda di criminali” è un gruppo che influenza i partecipanti ad esserlo o a diventarlo se non lo sono.
E’ per questo che i direttori, i responsabili di un gruppo con finalità psicoterapiche devono possedere strumenti di professionalità all’altezza del compito.
Un poco di storia sulle comunità:
La comunità terapeutica analiticamente concepita può essere fatta risalire all’esperienza che Wilfred Ruprecht Bion (1897-1979) ebbe nel famoso “Esperimento di Northfield” per cercare di curare i reduci di guerra con disturbi psichici: ”così riferisce anche Foulkes”.
Comunità Terapeutiche
Fabrizio Napolitani è noto per essersi molto adoperato in favore del metodo “comunità terapeutica” per il trattamento dei disturbi psichici, allora denominati malattie nervose e mentali.
Nel 1957, in Svizzera, ebbe la nomina a Primario del reparto “Villa Landegg” e nel giro di pochi mesi divenne Comunità Terapeutica e applicò il metodo per favorire l’autogoverno dei pazienti.
In Italia fondò in breve tempo la “Comunità Terapeutica di Roma” con i medesimi criteri di conduzione ormai consolidati nella sua lunga esperienza a Villa Landegg. Durante i suoi tre anni di vita, la Comunità fu luogo di incontro e di seminari con moltissimi colleghi psicoanalisti e psichiatri sia italiani che stranieri.
Maxwell Jones e Tom Main, furono i direttori delle prime istituzioni psichiatriche a conduzione comunitaria in Gran Bretagna. Tom Main fu il primo a usare l’espressione “Comunità Terapeutica”.
In Italia negli anni ‘70 – ‘80 per via del drammatico aumento dei tossicodipendenti si ebbe un proliferare di comunità terapeutiche per tossicodipendenti, spesso nate per iniziativa di un capogruppo mosso da buon senso, o da senso creativo.
“Ragazzi liberi, sarebbe meglio dire di nessuno, che avevano vissuto una vita senza confini, senza limiti, senza regole, senza NO, venivano curati attraverso l’emigrazione in un ambiente tutto organizzato con regole, dove tutto deve essere conquistato, perfino la noia e il silenzio”.
In alcune di queste comunità vigono dei rigidi regolamenti: non si può leggere il giornale, vedere la tv, possedere soldi, stare da soli; è prevista l’ora della sveglia, del dormire (inspirate ai tempi della natura, alba e tramonto) l’ora dei pasti, del riposo, la necessità di rendersi utili e partecipi. Tutto questo diventa una comunità organizzata capace di funzionare come “ambiente familiare curante” e come trapianto di quel che ha fallito, in altre parole come “Comunità Terapeutica”.
Video su un tipo di comunità terapeutica
Psicologo psicoterapeuta di Roma sud rif.:Metro A, Tuscolana, Porta Furba, Cinecittà, Quadraro, Don Bosco, Appio Tuscolano, Appia, Casilina,
Via Marco Decumio,15 Roma Tel.3495760842